Alto Potenziale Cognitivo ed emozioni fra accelerazioni e brusche frenate

I bambini ad Alto Potenziale Cognitivo ci pongono di fronte a molti cambi di prospettiva, ma forse quando si parla di emozioni la richiesta di elasticità mentale ed emotiva è insuperabile.

Il bambino che stupisce per le competenze legate alla capacità di ragionamento è lo stesso che si butta a terra e rotola e sbatte e grida e spacca e sembra non trovare pace. Sembra. Questo è ciò che appare, è quello che i genitori e gli insegnanti descrivono.

Lo sguardo è sempre uno sguardo attraverso aspettative, attraverso categorie. Nel caso del bambino APC accade che l’adulto si aspetti lo stesso comportamento di un suo pari, perché “di solito” i bambini non si comportano “così” e se lo fanno significa che c’è qualcosa che non va. Questo sguardo è intriso di cultura e regole sociali con le quali il piccolo APC impatta quando inizia ad abitare uno spazio istituzionalizzato.

La persona APC nasce con un sentire amplificato. Le sensazioni e le emozioni sono esperite molto, molto più intensamente che in una persona normodotata. Il bambino che sente emozioni fortissime usa il corpo per esprimerle, ma il suo è un corpo ancora libero, poco socializzato, un corpo che non ha fatto suoi i gesti consentiti e non consentiti e anche questo viene visto come una colpa.

Da Lowen con la Bioenergetica, alla Psicoterapia della Gestalt col Body Work, alla danzatarapia e affini, inclusa CorpoÈspressione, in infiniti modi ai bambini e agli adulti vengono proposte attività psico-corporee che li aiutino a riconoscere ed esprimere emozioni  “bloccate” nel corpo. C’è un paradosso evidente in una società che giudica il bambino che quel corpo lo lascia libero, ma che cerca di curare chi il proprio corpo lo ha usato come prigione delle proprie emozioni.

È dunque sbagliato esprimere una forte emozione attraverso il corpo? No. Ciò che va insegnato al bambino è come esprimerla attraverso il corpo e che il suo corpo può non solo dare forma all’emozione, ma anche contenerla. Il bambino non è la sua emozione, ma può esserne travolto.

Il primo passo è non giudicare ciò che sente, ma accoglierlo come parte di ciò che il bambino APC è.

Il secondo passo è stargli accanto. Uno sguardo non giudicante, la pazienza di aspettare che il bambino si sfoghi facendo attenzione a che non si faccia male e non faccia danni. Esserci quando finisce ed è smarrito e inizia a farsi spazio nella sua mente la consapevolezza di ciò che è accaduto. Spesso il bambino è spettatore di se stesso: si vede ma non riesce a fermarsi, a controllarsi. Alla fine il bambino è probabilmente spaventato. L’ultima cosa di cui ha bisogno è il giudizio di chi dovrebbe aiutarlo a capirsi.

Il terzo passo è sostenerlo nel sentirsi efficace nel gestire le proprie emozioni. Parlare col bambino a giochi fermi, quando è in sé e insieme pensare cosa può fare di diverso. Se non ci si sente in grado ci si rivolge a qualche professionista .

Il quarto passo è quello che farà il bambino. Più volte gli verrà trasmesso il messaggio “sei in grado di farcela, mi fido di te” prima il bambino riuscirà a ridurre il tempo dello sfogo. Rimanere neutrali di fronte alle sue esagerazioni e dargli tempo: rimarrete stupiti da quanto velocemente sarà lui a dirvi come si sente, a scusarsi, a rimediare.

Rottura e riparazione. Le relazioni si rompono, ma possono essere riparate. L’adulto sbaglia: rottura. L’adulto rimedia insegnando al bambino come fare: riparazione.

Il bambino APC è immaturo emotivamente o non ha avuto il tempo necessario a vivere esperienze che lo aiutino a comprendersi e capire come gestire ciò che è? È immaturo emotivamente o ha bisogno di più tempo per gestire un’emozione che è molto più intensa di quella che provano gli altri? Un’auto che va a 60 km/h ha bisogno dello stesso spazio di frenata di una che va a 200 km/h?

Quando poi il bambino si rilassa da se stesso, dal suo pensare costante, dall’interrogarsi sul senso della vita e della morte, dalle proprie emozioni e sceglie di guardare cartoni “da piccoli” o isolarsi con un videogioco o con un fumetto di nuovo viene visto come immaturo! Di nuovo l’adulto dimentica che il suo leggere un romanzo leggero, guardare il telefilm dove ogni episodio ripropone lo stesso schema o stare in divano sotto la copertina non è nulla di diverso dal momento di pace reclamato dal figlio.

Se usiamo il termine immaturo rimandiamo all’idea che maturerà, che è solo questione di tempo. Se guardiamo i processi sottostanti vediamo le possibilità di aiuto utili al bambino e all’adulto adesso.

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